Che voi gestiate o meno altre persone, rientrate nella categoria universale delle risorse umane che ogni giorno vivono e fanno vivere una azienda.
Vita più o meno semplice, più o meno gratificante, che si intreccia con una incredibile serie di individui, accadimenti, routine e belle novità.
Quante volte, avendo a che fare con determinati colleghi, avete detto <<potessi lavorare da casa!!!>>, oppure, avendo a che a fare con un certo capo o collaboratore avete pensato <<aiuto! Qual è il modo migliore per interagire con lui/lei?>>.
Quante volte di fronte a una situazione nuova (strategica o normativa) non sapevate che direzione prendere? Oppure, appena nominati “capi” non riuscivate a lasciare la vostra vecchia impostazione da esecutori? Sono esperienze comuni, direi, appunto, universali.
Il proposito delle prossime pagine di questa sezione è riportare esempi, ragionamenti, esperienze e nozioni utili ad agire nel modo migliore.
1] GESTIONE RISORSE UMANE O PEOPLE MANAGEMENT: COS’E’?
La definizione generica di “gestione delle risorse umane” sicuramente non rende né giustizia né idea di quella serie di attività che sono le più determinanti e più difficili.
Partiamo dalla triplice prospettiva di analisi organizzativa:
Individuo – Gruppo (capo) – Organizzazione
possiamo dire che il people management è l’azione che il livello gruppo attua sul livello individuo.
Diciamo anche che gli individui sono quelle risorse umane dotati di competenze, conoscenze, attitudini, motivazione, immagine di sé che, attraverso l’azione, raggiungono una performance in termini di obiettivi aziendali.
Grosso modo Herbert Spencer disegna il processo come segue:

Le criticità nascono innanzitutto perché c’è incongruenza tra competenze e opportunità con ambizioni, attitudini, motivazione, immagine di sé. In più non tutti gli ambienti sono sereni e stimolanti.
Possono sorgere attriti con il capo (mancanza di feedback, di gratificazione), con le varie tipologie di colleghi, la difficoltà nel raggiungere il posto di lavoro, ecc.
Sembrano essere queste le cause principali dei “tormenti” dei lavoratori che si ritrovano a combattere con mal di testa, insonnia, attacchi di panico, stress da lavoro insomma, burnout nei casi peggiori.
Ovviamente nella vita d’azienda, gli aspetti positivi sono maggiori di quelli negativi, inoltre le aziende si stanno muovendo nella direzione del “management della felicità” e il lavoro da casa (smart working).
In ogni caso, la parola d’ordine resta resilienza: assorbite gli urti ma non rompetevi!
Per tornare alla nostra triplice prospettiva di analisi organizzativa, chi di mestiere fa management si ritrova sia nella categoria individuo sia in quella gruppo (capo), perché è sia una persona/risorsa umana sia una figura aziendale responsabile del lavoro di altre persone.
1] gestione risorse umane o people management: cos’è?
2] chi è il capo?
ma parliamo di un manager o di un leader?
3] “potere”: cos’è
le 4 fonti del potere
4] il leader ideale in una situazione ideale
i modelli di leadership
2] CHI E’ IL CAPO
Di chi stiamo parlando? Parliamo di coloro che hanno tra le proprie mansioni scegliere, formare, decidere i compiti dei collaboratori, valutare le performance, definire e garantire il raggiungimento degli obiettivi, dare feedback, motivare, creare team, redigere report, nonché partecipare a riunioni e rispondere a sempre troppe mail.
MA PARLIAMO DI UN MANAGER O DI UN LEADER?
Penso che la tipologia dipenda molto dal carattere, dalle situazioni e dalla maturità professionale, propria e del proprio team.
Nella mia opinione la figura del manager è più da legarsi all’aspetto gestionale, ovvero rapporto capo- attività; la figura del leader è più da legarsi all’aspetto organizzativo ovvero rapporto capo-persone.
Penso inoltre che la figura del leader sia una evoluzione di quella manageriale. Si realizza quando utilizziamo (consciamente o inconsciamente) una nostra dote innata in modo che altri ci seguano attribuendoci il ruolo di leader.

Attenzione a non dare un senso convenzionale e stereotipato alla “dote innata” di cui parlavo, perché ce ne sono di varie tipologie che creano quindi altrettante tipologie di leader diversi tra loro (pensate a Totti e a Obama). Troviamo, in merito, alcuni interessanti spunti di riflessione nell’articolo sugli archetipi.
Ovviamente alcune tipologie di leadership sono più efficaci con determinate persone/situazioni che con altre.
In generale la figura del manager è legata a concetti quali autorità ed influenza, visione di insieme, spirito d’iniziativa, pensiero analitico, capacità decisionale, responsabilità.
mentre quella del leader è più associata ad autorevolezza, vision, motivazione, relazione, valori, coraggio, passione, guida, comunicazione, delega, gestione del conflitto, carisma, far crescere le persone, credibilità, assertività, clima aziendale, capacità decisionale, tracciare una via, rinnovamento
3] POTERE: COS’E’
Possiamo definirlo come la capacità di ottenere un determinato comportamento dagli altri. A seconda della prevalenza dell’aspetto “forza” (di chi esercita il potere) o della volontà (di chi “subisce” il potere), possiamo delinearne le fonti.
LE 4 FONTI DEL “POTERE”
Queste sono quelle che, comunemente, vengono definite le 4 fonti del “potere”
1_ coercizione
2_ esempio
3_competenze
4_legittimazione
Importante è non confondere il ruolo con la posizione
la posizione nasce da una legittimazione, ovvero un incarico o un titolo ereditario
il ruolo sono le aspettative degli altri sul tuo agire in quella determinata posizione
4] IL LEADER IDEALE IN UNA SITUAZIONE IDEALE
Intendendo per situazione ideale un caso in cui competenze e senso di responsabilità sono profondi e diffusi ed esiste un trend costante senza cambiamenti in vista, qual è il leader ideale?
semplicemente … non c’è perché le persone sono autonome e non hanno bisogno di una guida!
I MODELLI DI LEADERSHIP
Io uso dire che leader si nasce (mi riferisco a quella “dote” che non è univoca ma “innata” sì) e ci si affina, con esperienza e buon senso.
Definito il fatto che la leadership ha quindi aspetti naturali e di “tecnica”, per disegnare un modello non possiamo prescindere da quattro fattori:
-contesto
-maturità personale e professionale del “capo”
– maturità personale e professionale del team
-complessità e innovatività del progetto
Quando si lavora in contesto critico, in cui ad esempio bisogna raggiungere risultati in poco tempo, oppure abbiamo a che fare con una situazione di emergenza, siamo fortemente condizionati per quanto riguarda gli aspetti relazionali, di crescita dei collaboratori, della condivisione degli obiettivi.
Per forza di cose tendiamo più alla autorità che alla autorevolezza, anche perché questa è la tipica situazione in cui le persone lavorano insieme per la prima volta e quindi, viene difficile delegare, creare team omogenei e assegnare i compiti.
Fatto salvo che questa è una situazione, per antonomasia, contingente, gli altri tre aspetti valgono sempre.
Quando la maturità del capo coincide con quella del team, si ha una struttura come questa:

Nella immagine precedente, partendo da una bassa maturità (di entrambi) abbiamo:
STILE DIRETTIVO prevede:
capo poco maturo
team poco maturo
autorevolezza molta
capacità di relazione poca
STILE PERSUASIVO:
maturità del capo medio/bassa
maturità del team medio/bassa
autorevolezza bilanciata abbastanza bene
capacità di relazione bilanciata abbastanza bene
STILE PARTECIPATIVO:
maturità del capo medio/alta
maturità del team medio/alta
autorevolezza medio/alta
relazione medio/alta
STILE DELEGANTE:
maturità del capo alta
maturità del team alta
autorevolezza alta
capacità di relazione alta
chiaramente tanto più alta sarà la complessità e innovatività del progetto, tanto più la freccia andrà in senso opposto, invece se la situazione è già stata sperimentata e non presenta particolari complessità e il team si è dimostrato all’altezza posso delegare.
+ complessità e innovatività – complessità e innovatività
+ controllo + autonomia