Questo articolo sul Supply Chain Management vuole essere una panoramica introduttiva sugli argomenti che andremo via via a trattare. Partiamo dal termine logistica che ci accompagna dagli anni ’80 ed intendeva “l’attività di gestione del materiale, distribuzione e handling” in un mondo caratterizzato da difficoltà di trasporto (a causa delle poche infrastrutture) dove si utilizzavano molti magazzini e depositi largamente dislocati.
Se il termine logistica nasce ne l 1973 (periodo dello shock petrolifero) negli anni ’80 viene coniato il termine Supply Chain Management che, finalmente, introduce il concetto di catena (ovvero processo) tra i vari operatori coinvolti: Fornitore, azienda e cliente finale, uniti in un flusso continuo basato su collaborazione e azione globale. Qui gli ordini di vendita dell’anello precedente corrispondono agli ordini di acquisto dell’anello successivo. ll processo può perdere fluidità a causa di mancanza di comunicazione ed utilizzo di sistemi informativi diversi. E’ ovvio che è necessaria una strategia unitaria sistemica.
Le principali configurazioni sono MTS (Make to Stock), ATO (Assembly to order), MTO (Make to order), ETO (Engineer to order) che sono poi divisi in quattro fasi: Progettazione, rifornimento, Produzione e distribuzione
In questa fase temporale anni ’70/’80 vediamo
- riduzione delle scorte
- aumento della centralizzazione
- nascita del BPO logistico
Il ruolo veramente rivoluzionario spetta alla tecnologia che, negli anni ’90 introdusse Internet, ERP quali SAP e l’utilizzo comune del pc. Oggigiorno è comune che gli ordini vengano inseriti dal cliente finale direttamente dal pc di casa. Perciò è fondamentale una tecnologia che, sin dal sito internet della nostra azienda, sia in grado di far caricare un ordine e perfezionarlo tramite pagamento elettronico.
Abbiamo definito la supply chain come un sistema dinamico perché la Domanda non è stabile. Questa instabilità è dovuta all’effetto Forrester (effetto “frusta”). Ne consegue che uno degli obiettivi primari è stabilizzare la domanda ai fini di limitare il cuscinetto di salvataggio rappresentato dalle scorte che in termini pratici significano più costi (finanziari, di spazio, di handling).
Negli anni abbiamo acquisito nuovi concetti come logistica integrata, logistica aziendale, logistica interna, logistica esterna, reverse logistic, logistica distributiva.
1] cosa si intende per supply chain management
2] cos’è il supply chain design
3] da logica push a logica pull
4] obiettivi
5] kpi e strumenti di monitoraggio
6] innovazioni
1] COSA SI INTENDE PER SUPPLY CHAIN MANAGEMENT
In questa tabella ho voluto riassumere i fattori caratterizzanti la supply chain
2] COS’E’ IL SUPPLY CHAIN DESIGN
Si tratta del dimensionamento della capacità produttiva del network ovvero impianti, centri distributivi, magazzini, mezzi, attrezzature, tecnologia
3] DA LOGICA PUSH A LOGICA PULL
Questo cambio di prospettiva ha portato una massiccia riduzione di rischio e di costo di immagazzinaggio e scorte.
Infatti, secondo la logica push, la produzione avveniva in base a una mera previsione di vendita di prodotti che, appunto, una volta fabbricati, venivano spinti verso il cliente. Era evidentemente una concezione make-to-stock.
Questa concezione ha lasciato posto alla logica push che consiste nella risposta a una domanda effettiva.
Il flusso dei materiali è “tirato” dal cliente a monte, verso produzione e distribuzione.
E’ evidentemente una concezione make-to-order
Pertanto il flusso del sistema logistico nelle aziende non manufacturing tende a essere
Gli obiettivi del Supply Chain Management sono sostanzialmente:
- stabilizzare la domanda (comunicazione tra i vari fornitori)
- gestire la produzione
- razionalizzare gli assets (scorte e persone)
- razionalizzare la localizzazione
- razionalizzare i trasporti
- massimizzare il rapporto tra costo e performance
- massimizzare la relazione personale/m2/pallets/combustibile
- ottimizzare le informazioni e la loro divulgazione
- creare un network efficiente
- ottimizzare l’automazione (che impatta su CF costi fissi, CV costi variabili e flessibilità)
5] KPI E STRUMENTI DI MONITORAGGIO
I principali KPI sono
In particolare i KPI si possono catalogare in tre macrocategorie:
di efficienza: misurano la produttività e i costi unitari. Sono, ad esempio, il tempo di prelievo (pick up) e il tempo di trasporto
di servizio: sono relativi ai tempi di risposta, esempio il time to market, il lead time, la percentuale di modifiche, il numero di consegne corrette, il numero di consegne integre
di qualità: indica la conformità dell’output alle aspettative del cliente. Esempio resi e ritorno sull’immagine
per il monitoraggio si usano strumenti quali il Process Chart (diagramma di processo) e il diagramma di flusso.
Possiamo inserire tra le innovazioni i magazzini verticali, i sorters e il picking a zona